In cosa consistono?

Un professionista, o un gruppo di collaboratori, può avviare una consulenza su una tematica lavorativa, spesso progettuale, che si desidera osservare attraverso la lente della consapevolezza profonda per valutare le migliori modalità di messa in atto della stessa anche in funzione delle ricadute personali e di contesto. È un lavoro sempre ricco e stimolante, che implica visione di insieme, flessibilità nei cambi di prospettiva, capacità empatiche e molto altro.
Il consulente agevola e accompagna verso una più profonda consapevolezza di ciò su cui strutturalmente si sta lavorando, a prescindere cioè dagli specifici dettagli. È questo che abilita nel professionista o nel gruppo una attitudine mindful che conduce allo sviluppo di strumenti che, da quel momento, saranno propri e applicabili in contesti differenti in autonomia.
Un privato quanto un professionista, colte le potenzialità di un approccio di mindfulness spesso dopo un percorso introduttivo ma non necessariamente, può optare per l’avvio di un coachingportando un tema specifico su cui focalizzare l’attenzione oppure per approfondire il lavoro di consapevolezza in modo più personale e meno condiviso (rispetto al gruppo). È presto evidente come per qualunque tema si osservi risultino evidenti le connessioni a componenti personali, relazionali, di contesto che esulano del tutto dal dettaglio del caso.
Queste interagiscono, vanno riconosciute e gestite, soprattutto quando la situazione evidenzia resistenze o blocchi rispetto a un andamento fluido di attività e rapporti.

Per chi sono indicati?

Con un sorriso mi verrebbe da dire: per chi vuole mirare il bersaglio. Grazie alla possibilità di applicare le pratiche di mindfulness a contesti davvero diversi tra loro, dall’azienda al carcere, mi sento di dire che a fare la differenza nell’efficacia non sia tanto l’estrazione sociale o il livello culturale, quanto invece l’intenzione e il desiderio di portare con curiosità lo sguardo verso di sé. I destinatari di un approccio di consapevolezza sono le persone e noi siamo fatti tutti allo stesso modo. Per questo l’utilità di partire dall’osservazione di sé è già anche un lavoro su temi che implicano il miglioramento delle relazioni interpersonali, è un fatto di empatia.
Quante volte sarà accaduto a molti di noi di seguire percorsi interessanti dove venivano evidenziati aspetti sui quali sentivamo di poter lavorare per migliorarci. Spesso però, esaurito l’entusiasmo del momento, quanto appreso rimaneva solo qualcosa di interessante sì ma che non era riuscito a incidere, men che meno a concretizzarsi nel nostro quotidiano.
Non avevamo acquisito gli strumenti per sapere come fare. Al più ci saremo rammaricati per non aver dimostrato sufficiente forza di volontà. Stavamo solo sbagliando bersaglio.
Il tema non stava, e non sta, nel fare sforzi titanici ma nel saper leggere quale fosse il messaggio che ci stavamo inviando tramite quella ritrosia. Su questo (e moltissimo altro) porta luce un percorso di consapevolezza.  Quello citato è solo un piccolo esempio per evidenziare quanto sia importante e utile renderci consapevoli dei segnali che ci inviamo (e che spesso ignoriamo). Leggerci, accoglierci è utile ma soprattutto, lasciando per un attimo da parte efficienza e performance, renderà la nostra vita più soddisfacente e serena.

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